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Marmo di carrara.

 

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Marmo di Carrara

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il marmo di Carrara (per i Romani marmor lunensis, "marmo lunense") un tipo di marmo, estratto dalle cave delle Alpi Apuane in territorio di Carrara, universalmente noto come uno dei marmi pi pregiati.

Storia del marmo di Carrara

Le cave di marmo erano probabilmente gi utilizzate durante l'et del rame dai primitivi abitanti della zona per produrre utensili vari e oggetti decorativi e commemorativi da interrare nei sarcofagi con i defunti.

Con i Romani si svilupp l'attivit estrattiva vera e propria, e a partire dall'epoca di Giulio Cesare (48-44 a.C.) rifornisce di blocchi di marmo bianco le maggiori costruzioni pubbliche di Roma e numerose dimore patrizie. L'esportazione avviene tramite il porto di Luni, per cui veniva detto marmo lunense.

Dal V secolo l'attivit estrattiva subisce un periodo di stasi a seguito delle invasioni barbariche. In seguito con la maggiore diffusione del Cristianesimo il marmo viene richiesto in grandi quantit per l'edificazione di edifici religiosi e per il loro arredo interno. La fervente attivit delle cave si deve soprattutto ai Magistri cumacini, tra cui Giovanni Pisano e Nicola Pisano, che lo utilizzano per le loro opere nell'Italia centrale. In seguito fu il marmo utilizzato da Michelangelo per le sue sculture e veniva a scegliere personalmente i blocchi nelle quali realizzare le proprie opere.

Nel XX secolo, molto uso si fece del marmo di Carrara durante il fascismo: Mussolini don perfino del marmo per una delle due moschee della Spianata del Tempio di Gerusalemme.  

Le cave di marmo

Le cave sono luoghi dove da molti secoli avviene l'escavazione e la lavorazione del marmo e possono essere di due tipi: chiuse e a cielo aperto. Per il modo con il quale viene prelevato il marmo, la profondit di prospettiva delle pareti bianche, gli ampi spazi, la precisione simmetrica dei gradoni, i piani di lavorazione sembrano gradinate di anfiteatri. L'estrazione del marmo in cava stato un continuo divenire di documenti vivi e drammatici attraverso i secoli, dai primitivi cunei di legno, al sistema della tagliata dei romani, al rivoluzionario filo elicoidale, all'attuale filo diamantato, tanto veloce quanto pericoloso, tra gli anfratti delle cave e i candidi e scoscesi ravaneti sono conservati gli eroismi, le fatiche, i sacrifici dei cavatori che con tenacia e capacit continuano ancora oggi a demolire queste montagne tagliandole, frantumandole e smontandole pezzo a pezzo, in piccoli blocchi per poi inviarli nel mondo.

Escavazione e lavorazione del marmo

L'escavazione del marmo nelle Alpi Apuane risale ad epoche assai remote (I sec.a.c.) e ha subito nel secolo scorso profonde trasformazioni. Anticamente l'escavazione avveniva con metodi ed utensili molto semplici, e con gran dispendio di tempo e lavoro per ottenere risultati modesti. Il lavoro essenzialmente manuale, era svolto da una manodopera costituita in gran parte da condannati a lavori di fatica, schiavi e cristiani .I primi cavatori sfruttavano le fratture naturali della roccia nelle quali inserivano dei cunei di legno di fico che poi bagnavano con acqua, la naturale dilatazione provocava il distacco del masso. Per ottenere blocchi di dimensioni stabilite, i Romani ricorsero alla tecnica della "formella", si praticava nel masso prescelto, lungo la linea di taglio, una scanalatura profonda 15-20 cm. nella quale s inserivano poi dei cunei di ferro che, percossi ripetutamente e a tempo, determinavano il distacco di blocchi di 2 m. di spessore. Tali tecniche estrattive e quelle di lavorazione, come la segatura manuale, rimasero pressoch inalterate anche dopo la scoperta della polvere da sparo , il cui impiego si rivel pi dannoso che utile,infatti il marmo risultava spesso cos frantumato da perdere qualsiasi valore commerciale. Solo in seguito con l'utilizzo delle mine con l'operazione chiamata la Varata ( evento che lasciava tutti i lavoratori con il fiato sospeso) si pot distaccare una grande quantit di marmo senza danneggiare il prodotto stesso.

La vera e grande rivoluzione nella tecnica estrattiva avvenne alla fine del 1800 con le invenzioni del filo elicoidale e della puleggia penetrante. Il filo di acciaio un cavo di 4-6 mm. di diametro, ottenuto dalla torsione ad elica di tre fili . Le scanalature cos determinate hanno la funzione di trasportare e distribuire, lungo il taglio eseguito dal cavo, l'acqua e la sabbia silicea, originariamente proveniente da Massaciuccoli, che servono all'azione abrasiva. Il filo elicoidale, disposto in circuito su speciali pulegge di rinvio fissate ad appositi paletti detti pot , lungo in genere alcune centinaia di metri e si muove ad una velocit di 5-6 m/sec, mentre incide il marmo ad un ritmo di 20 cm l'ora. La puleggia penetrante un disco d'acciaio caratterizzato sulla circonferenza, da una scanalatura e da piccoli denti diamantati. Mediante questi due geniali accorgimenti tecnici la puleggia, scorrendo su un apposito strumento a cremagliera chiamata macchinetta che ne consente il regolare e continuo abbassamento, assolve contemporaneamente a due funzioni: mentre penetra nel marmo trascina nella scanalatura il filo elicoidale che provoca il taglio del blocco.

Prima di cominciare a tagliare a monte e iniziare sul piazzale qualsiasi lavoro, bisognava liberare la montagna da quella parte di roccia resa inservibile dall'alterazione superficiale. Per questo lavoro di agilit e perizia interveniva il Tecchiaiolo il quale aveva il compito di esaminare da vicino il marmo, liberandolo delle parti pericolanti: per fare questo doveva calarsi, appeso ad una fune, davanti al fronte di cava. Il taglio al monte consisteva nell isolare dal corpo marmoreo che costituisce il giacimento, una gigantesca porzione di roccia, detta bancata, di forma e dimensioni definite in funzione dei blocchi che si vogliono ottenere. Separata la bancata dalla massa rocciosa, i cavatori procedevano al suo ribaltamento sul piazzale di cava. Questa impressionante operazione presentava notevoli difficolt e la sua esecuzione comportava seri rischi. Sul piazzale, intanto, si preparava il cosiddetto "letto" costituito da un cumulo di fini detriti di marmo misti alla fanghiglia prodotta da lavorazioni precedenti , per ammortizzare la caduta della bancata e limitarne le rotture. Una volta sul piazzale, la bancata veniva lavata per essere esaminata dai cavatori pi esperti che ne individuano le impurit e segnavano i punti dove effettuare eventuali tagli. L operazione successiva era il ridimensionamento in blocchi di dimensioni commerciali con la tagliatrice a filo diamantato. Un operazione delicatissima: ogni errore, infatti, rischiava di diminuire la resa dell intera bancata e produrre blocchi di valore inferiore a quello che la qualit del marmo faceva sperare. Poi entravano in scena i riquadratori, che a suon di subbia e martello, cercavano di dare una forma quadrata al blocco. Era un lavoro difficile, pesante, e quei cavatori dovevano essere forti, pazienti e capaci.Infine venne introdotto il filo diamantato, attualmente in uso, la cui introduzione inizialmente creo' problemi di sicurezza lavorativa causa la facilita' di sganciamento, problematica ora corretta.

 

 

 

 

 

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